La ripresa c’è, ma è stabile e moderata. Permangono rischi al ribasso per la crescita. In questo scenario, i governi possono e devono fare di più. Così, a grandi linee, il concetto con cui Mario Draghi, presidente della Bce, ha commentato la decisione del Consiglio di lasciare invariato al minimo storico il costo del denaro. Le nuove stime cambiano poco rispetto alle ultime, con una leggera revisione al rialzo per il 2016 e una leggera limatura per il 2017 e 2018: il pil crescerà dell’1,7% nel 2016 e dell’1,6% nel 2017 e 2018. E “la trasmissione degli effetti della politica monetaria all’economia reale non ha mai funzionato così bene come oggi. Ad ogni modo, il programma di acquisto di asset per 80 miliardi – il Quantitative easing – proseguirà fino a marzo 2017 e oltre se necessario. La Bce segue l’evoluzione da vicino e resta pronta ad agire se necessario”. Draghi, vista poi la modestia della politica economica adottata dai vari governi, invita tutti ad incidere maggiormente sulla crescita. In particolare, il presidente della Bce fa riferimento all’attuazione delle riforme strutturali e alle politiche fiscali “che devono essere in linea con le regole” europee. L’analisi parte dalla premessa che “per raccogliere i frutti della politica monetaria della Bce servono un contributo a livello nazionale e a livello europeo”. L’entrata in vigore delle riforme strutturali, in particolare, “va nettamente accelerato per lottare contro la disoccupazione e favorire la ripresa economica”. E il monito è rivolto a tutti i Paesi. “Le riforme strutturali conclude quindi Mario Draghi – vanno realizzate in tutti i paesi dell’area dell’euro per migliorare la produttività; stimolare gli investimenti e l’occupazione”.